Nei Centri Antiviolenza femministi, l’anonimato è la “regola delle regole”. E’ cruciale perché la società patriarcale non crede alle donne e questo rende le donne delle vittime perfette della violenza maschile.

La violenza a cui sono esposte le porta a perdere fiducia nella società e in se stesse.

Le operatrici si attivano per creare una relazione di fiducia con le donne e la riservatezza è il primo passo per costruire questa fiducia, le donne devono essere certe che la loro storia e i loro dati non saranno mai resi pubblici o condivisi con altri.

Le donne che arrivano ai centri hanno il desiderio di ribellarsi e il centro rappresenta un luogo di iniziativa simbolica femminile dove le donne vengono credute, non un luogo di lacrime. Ed è attraverso la relazione totalmente riservata con altre donne che è possibile riprendere possesso, coltivare e utilizzare tutte quelle risorse personali precedenti all’esperienza di violenza. Perché ogni donna ha il suo mondo, non solo quello attuale ma anche quello precedente alla relazione violenta e desiderano riprendersi in mano tutto ciò che hanno perso, che a volte non ricordano più.

E ce la fanno, perché se sopportano anni e anni di violenza vuol dire che hanno un’energia inesauribile, e la garanzia dell’anonimato nella relazione tra donne è l’unica pratica che consente di sostenerle.

E le donne lo sanno così come lo sappiamo noi.

È per questo motivo che i Centri D.i.Re si oppongono e rifiutano di fornire i dati delle donne che non considerano “soggetti minori da proteggere”.